IL NASO ARTIFICIALE NELLA LETTERATURA NARRATIVA



Le trasformazioni del naso come fonte d’umorismo nella Letteratura per l’Infanzia:
Umoristico e buffo nel corpo o, come lo definisce Michail Bachtin, grottesco a causa della sua disarmonia rispetto alle definizioni suggerite dall'estetica, è tutto ciò che sporge o non ubbidisce ai canoni estetici del corpo. Nel volto umano, fra tutte le sue componenti, principalmente il naso possiede il posto centrale prominente. Come ogni elemento del corpo umano, il naso è inserito in un contesto di regole, deve cioè sottostare e rispettare i limiti che costituiscono la sua normalità. Alcune volte si adatta entro questi limiti, in altre occasioni, invece, soffoca e si allontana da loro. In varie forme di espressione culturale, dalla pittura alla vignetta, fino alla favola, costituisce fonte di ispirazione creativa, rafforzata da commenti politici. Sfogliando le pagine di libri per l'infanzia, osserveremo che spesso il loro umorismo si basa sulle ridicole e grossolane fattezze del naso e sulla sua funzione. Dato che i libri per l'infanzia hanno un ruolo poetico/sociale e propongono ubbidienza alla normalità, particolare interesse presenta l'esame dei significati e dei commenti sociali sul naso umoristico che, in una lettura per l'infanzia, esce dalla sua normalità e si contrappone ai canoni dell'estetica.
Il filosofo e psicanalista Blaise Pascale, nella sua monumentale opera Pensées sur la Religion et sur quelques autres sujets del diciassettesimo secolo menziona che “se il naso di Cleopatra fosse stato più corto, tutta la faccia della terra sarebbe cambiata“. Questa considerazione, nondimeno si sa oggi che si collega alla teoria del chaos e alle sue applicazioni in svariati settori (Lively, 2002: 27) e non costituisce certamente un commento sul naso di Cleopatra o del naso in generale perché Pascale non aveva questa intenzione. Però, con questa frase, ci invita a pensare che il naso, come caratteristica fisionomica che sporge, occupante la parte centrale del viso, può essere messo in relazione, in modo spesso arbitrario, ad alcune caratteristiche della personalità della persona alla quale appartiene. Queste correlazioni, usate nella letteratura, sono spesso accompagnate da dettagliate e minuziose descrizioni delle caratteristiche fisionomiche dei personaggi al fine di facilitare la lettura. La narrativa finzionale, di certo, strutturando e destrutturando la realtà, articolandola e disarticolandola, inserisce considerazioni extratestuali che sussistono nel rapporto tra le caratteristiche fisiche e psicologiche con lo scopo di commentare utili questioni sociali. Nella realtà extratestuale, le caratteristiche fisiche, come il naso, sottostanno a norme che vengono definite non solo dalla natura e dalla scienza, ma anche da fattori socioculturali (Makrinioti, 2004: 11). Di conseguenza e inevitabilmente, ogni naso nella narrattiva finzionale che non ubbidisce alla scienza e alle norme sociali del contesto culturale nel quale si foggia, attira l’attenzione nei confronti del suo possessore o dellettore per le cause di questa disubbidienza e per la sua scelta di crescere e funzionare fuori dalla norma. Dato che il naso, come ogni particolare della fisionomia, è inquadrato in norme, ha i suoi limiti che ne regolano la sua normalità. A questi limiti costrittivi, nella letteratura, a volte, il naso si adatta, ma in altri casi soffoca, rifugge le regole e si ribella manifestano così il suo rapporto con l’ambiente culturale. I nasi ribelli e insoliti nella letteratura sono quelli che deviano dai confini della conformità, trasformano la loro forma e le loro dimensioni, abbandonano i vincoli della normalità, evadono dal luogo e dal contesto che la natura gli ha riservato. Il naso più famoso e ribelle della letteratura, appartiene al Maggiore Kovaliov, naso che non solo lo abbandona improvvisamente, lasciando al suo posto uno spazio perfettamente liscio, ma che occupa il posto privilegiato nel titolo Il Naso nel racconto breve di Nicolaj Gogol. La totalità della personalità del Maggiore Kovaliov si frammenta con lo spostamento del suo naso, per poi ricompattarsi dopo il suo ritorno. La trovata di Gogol del naso fuggitivo, come è già stato commentato (Barnett, 2001: 162), si collega alla crisi di identità della società russa di quella epoca. Nel mondo della narrattiva finzionale, spesso, solo una funzione e/o una particolare caratteristica anatomica di un volto è quella che fa evolvere la trama di un testo letterario. Edward Trencom, per esempio, eroe di Giles Milton, nell’opera Edward Trencom’s Nose (2007) “era in possesso di un naso veramente straordinario”. Discendente di nove generazioni di famiglie con nasi singolari, conosce anche lui, come i suoi avi, a causa della particolarità del loro naso, momenti di successo e momenti di decadenza. Tristram Shandy, anche lui detentore di un naso particolare, con una serie di problemi fin dalla nascita, ci racconta, in modo surreale, gli altrettanto eventi surreali della sua vita nel libro di Lawrence Sterne, The life and opinions of Tristram Shandy Gentleman. É convinto che la forma del suo naso e la sua dimensione giochino un ruolo fondamentale nella sua vita. Nel suo caotico racconto, spiega in modo logico, come la singolarità del naso incida sul comportamento suo e della famiglia con conseguenze che influenzano in modo decisivo il corso della loro vita. Per Tristram Shandy il naso è fonte di forza in tutti i momenti rilevanti della vita di un uomo. “Nessun uomo potesse esser né bello, né degno di regnare, che non si trovasse così nasuto”, commenta ironicamente in proposito il poeta e scrittore Annibale Caro nel sedicesimo secolo e in particolare nel 1538 nella sua satira La Nasea, ovvero Diceria de Nasi1 . Il suo scritto compare nel contesto del clima carnevalesco che ha fatto nascere anche Gargantua (Giacone 1999: 966), epoca in cui “di tanto in tanto tirava fuori l’anticonformismo e la propria bizzarria anche se manifestati in ambiti ristretti” beffeggiando ed indirettamente contestando “non solo i generi e gli schemi tradizionali, ma anche e soprattutto i miti e gli ideali del classicismo” (Giustozzi, 2008). Così, come sottintende anche il titolo, si tratta di un testo burlesco in onore dei grandi nasi, dove Annibale Caro fa l’elogio buffo ai Nasi imperiali, quei “grandi nasi”: ”É mi pare, S. Maestà, che questo vostro gran Naso porgendosi questa sera a ciascuno per material di ragionare,sia propriamente come il Saracino di piazza, che tenendo a tutti tavolaccio, invita a correre ognun che lo vede”. Si potrebbero riconoscere, sia nelle ‘naseidi’ di Annibale Caro, sia nelle ‘opinions’ di Tristram Shandy, le successive connessioni froidiane fra naso e natura maschile, peraltro non sempre condivise dal mondo letterario. Come accade con il ‘nasone’ che, insieme ad altre virtù, Edmond Rostand regala al suo famoso protagonista, Cyrano De Bergerac, dell’opera omonima. Il naso di Cyrano, come simbolo della dipendenza della società dalla bellezza esteriore, costituisce il pretesto per affrontare e commentare, con impeccabile ironia, concezioni che collegano la materialità del corpo con lo spirito. “Che relazione c’è tra le mie idee e il mio naso? Per me nessuna. Io non penso col naso,né bado al mio naso, pensando. Ma gli altri? Gli altri che non possono vedere dentro di me le mie idee e vedono da fuori il mio naso? Per gli altri le mie idee e il mio naso hanno tanta relazione, che se quelle, poniamo, fossero molto serie e questo per la sua forma molto buffo, si metterebbero a ridere”. Sono le parole di Vitangelo Moscarda, personaggio di Luigi Pirandello del libro Uno nessuno centomila, il quale un giorno scopre che il suo naso gli pende leggermente verso destra. “La scoperta improvvisa e inattesa di quel difetto gli strizzò come un immeritato castigo” e diventa il pretesto di scatenare una crisi terribile della propria identità. La letteratura inventa allora la flessibilità del naso, la sua capacità cioè di entrare e uscire dai suoi limiti prestabiliti, volendo rappresentare in modo schematico, umoristico e ironico il suo rapporto dello spirito, del pensiero, del sentimento con tutto ciò che, per definizione, si contrappone al mortale e alla materialità (Bachtin, 2001: 23, Makrinioti, 2004: 11). Inoltre, il naso come significante e significato, occupa un posto di rilievo nella comunicazione verbale in quanto è presente in molte espressioni che vivacizzano la lingua: ficcare il naso, con un palmo di naso, a lume di naso, bagnare il naso, menare per il naso, ed altri come mettere il naso in, camminare col naso in aria, mettere sotto il naso, insegnare alla canna del naso che sono usate da Carlo Collodi negli straordinari racconti contenuti in Occhi e Nasi dove, ancora una volta il naso primeggia da protagonista anche nel titolo. Facendo una breve ‘escursione’ nelle opere letterarie per vedere come il naso viene raccontato e illustrato, ci si rende conto che costituisce una fonte interessante di riflessione soprattutto per il modo in cui viene valorizzato, trasformato, ubbidiente alle regole a volte, disubbidiente e sfrontato in altre occasioni. Studi attenti hanno messo in risalto che la letteratura inventa gli insoliti nasi, buffi sia per ciò che riguarda la loro dimensione, sia per la loro funzione e comportamento, allo scopo di commentare le profonde contraddizioni etiche, psicologiche della condizione umana, senza rinunciare, peraltro a riflessioni politiche e filosofiche (Marcheschi, 1995: 933-936). Nonostante ciò, il naso farsesco, nella letteratura per l’ infanzia e di conseguenza nell’attribuzione di significato alle sue rappresentazioni, non è stato abbastanza affrontato e commentato fino ad ora. Dato che i libri per l’infanzia hanno un ruolo soprattutto sociale e propongono ubbidienza alla normalità, particolare interesse presenta l’esame dei significati e dei commenti sociali sul naso farsesco che, in una lettura per l’ infanzia esce dalla sua normalità e si contrappone ai canoni dell’estetica. Non dimentichiamoci che l’umorismo, come è stato sottolineato più volte, oltre a creare buonumore, contiene informazioni inerenti alla realtà sociale. I suoi contenuti contraddittori, equivochi e strani, sono riconosciuti ed evidenziati dai teorici dell’umorismo (cfr. indicativamente Mascheschi, 2010; Attardo, 2001), indipendentemente dalla angolazione di osservazione, esprimono le complesse e contraddittorie pretese della vita (Cross, 2011: 3). Nel ruolo di particolare forma espressiva, l’umorismo mette in luce regole, compromessi e limiti. Mostrando inoltre le difficoltà della vita, diventa il veicolo per mettere in moto il pensiero, la riflessione, per commentare gli aspetti seri e importanti della realtà che, l’approccio non umoristico, probabilmente, non sarebbe così risolutivo e costituirebbe motivo di imbarazzo (James, 2004: 368). Probabilmente i nasi buffi, comici o farseschi che escono dalla normalità e si ribellano ai canoni dell’estetica, anche nella letteratura per l’infanzia, non costituiscono solo una piacevole lettura, ma sono accompagnati da concetti e significati legati alle concezioni comuni, alla conferma o alla loro smentita.
In questo contesto di riflessioni e problematiche si sviluppa il presente esame, ritenendo umoristico ogni naso che si contrappone alla sua normalità fisica. Uno dei criteri di scelta dei libri che verranno commentati è stato il fatto che si rivolgessero a bambini della scuola materna o delle prime classi delle elementari. Un altro criterio è stato che sollecitassero interesse essendo adatti a sviluppare i presupposti per un commento attraverso l’intento umoristico dell’autore, indipendentemente dal risultato umoristico e indipendentemente dal valore estetico e letterario dei libri.
L’esperienza del naso del Maggiore Kovaliov che Gogol ha “mandato a spasso”, nella letteratura per l’infanzia, è stata ripresa più volte. Una di queste è “Il naso che scappa” che appartiene a un signore di Laveno, come ci racconta Gianni Rodari nel 1962: “Una mattina il signore che abitava proprio di fronte al pontile dove si prendono i battelli, si alzò, andò in bagno per farsi la barba e nel guardarsi allo specchio gridò: - Aiuto! Il mio naso! Il naso in mezzo alla faccia non c’era più, al suo posto c’era tutto un liscio”. Il naso, dopo aver girovagato in ambienti che non avevano niente a che fare con un naso, come, per esempio, le acque di un lago, incontra di nuovo il signore di Laveno che, finalmente, poté chiedergli: “Ma perché sei scappato? Che cosa ti avevo fatto? Il naso lo guardò di traverso, arricciandosi tutto per il disgusto e disse: - Senti, non metterti mai più le dita nel naso. O almeno tagliati le unghie” Il vagabondare del naso, come del resto le ricerche spasmodiche del suo proprietario per recuperarlo, sicuramente, costituiscono, nel loro insieme, una immagine grottesca. La dimensione umoristica accresce quando il lettore si accorge che i personaggi del racconto partecipano agli eventi senza sorprendersi per l’eccezionalità dell’accaduto. Per il lettore, umoristica non è solo la fuga del naso dal viso, ma soprattutto le reazioni dei personaggi che accettano l’ ‘apostasia’ del naso come fatto del tutto normale e in accordo alle leggi della natura. Dall’altra parte, il finale del racconto e l’ importanza catalitica del suo significato, sono profondamente didattici. Con la frase “non mettere le dita nel naso o almeno tagliati le unghie“ ci si focalizza sulle regole di un igienico ed educato comportamento che tutti i proprietari di un naso devono rispettare. The Day my Runny ran nose away (2002) di Jason Eaton, illustrato da Ethan Long, racconta la storia del naso di un bambino di nome Jason, che decide di fuggire dalla finestra mentre il piccolo dorme. Il naso lascia una lettera per spiegare le sue ragioni : “Caro Jason, Ieri sera tua madre ti ha detto di non pulirti il naso nella manica. Tu l’hai ascoltata? No! Mi hai pulito andando avanti e indietro sulla tua sozza manica e poi mi hai soffiato appoggiandomi a fazzoletti ruvidi e schifosi. Allora questa è stata l’ultima goccia [...]. In inverno copri il tuo corpo, ma lasci me, scoperto, a gelare. Non mi hai mai presentato ai tuoi amici e nemmeno hai chiesto il mio nome [...]. Ho bisogno di più. Sei un bravo ragazzo, ma preferirei che rimanessimo amici. Con amicizia Montague ( il tuo naso) P.S. Ti scriverò una cartolina Jason rimane senza naso con tutte le difficoltà che ne conseguono: gli occhiali rimangono sospesi, lo sternuto non ha sfogo e, cosa più tragica di tutte, il suo viso umiliato, sconcerta i suoi compagni di scuola. Seguendo il consiglio del nonno, si imbarca sul “Ship of Lost Things” per raggiungere Nose Island e riprendersi Montague, cioè il suo naso, che, nel frattempo era diventato il sovrano dell’isola e progettava la conquista del mondo con l’appoggio di migliaia di nasi. La storia non ha un lieto fine :Jason ritorna a casa e si rende conto che anche ai suoi amici mancano i nasi i quali, probabilmente, hanno seguito l’esempio di Montague e si sono trasferiti a Nose Island per appoggiare i piani rivoluzionari del re naso Montague. Una fine insolita che fa pensare il piccolo lettore e crea i presupposti alla riflessione sulle convenzioni del suo mondo. Inoltre, il racconto sottintende che concezioni, anche profondamente radicate, possono cambiare e che, per migliorare la realtà, possiamo allontanarci da situazioni che non ci soddisfano, così come ha fatto Montague, dando al cambiamento che mette in atto le sembianze di una rivoluzione. D'altronde non possiamo non soffermarci sull’evidente intento didattico del libro. Fin dall’inizio della narrazione, è ovvio che, uno dei motivi che portano il naso Montague a fuggire è la disobbedienza del piccolo Jason alla madre. La contraddizione qui è evidente :da una parte Montague sovverte la normalità umana e intende rivoluzionare la normalità della struttura sociale, dall’altra parte, il motivo principale della sua ribellione è dovuto alla negazione di Jason di sottostare alla normalità familiare, a quella stessa normalità che Montague ha intenzione di sovvertire. Contradditorio è anche il fatto che, nelle illustrazioni, il naso Montague, non è il tipico naso di un volto di un bambino, ma assomiglia al naso di un anziano, naturalmente camuffato nel suo carattere carnevalesco e come tale, cioè come una persona di una certa età, agisce e progetta. Alla innocenza di Jason si contrappone la maturità sia del naso Montague, sia della madre di cui ha ignorato gli ordini con conseguenze tragicamente umoristiche.


Le trasformazioni del naso:
Buffo e ridicolo nel corpo o, come lo definisce Bachtin, grottesco, è ciò “che sbuca fuori, che sporge ed affiora dal corpo”, in disaccordo con tutto ciò che l’estetica definisce. “Fra tutti i tratti del volto umano, soltanto la bocca e il naso, e quest’ultimo come sostituto del fallo, hanno un ruolo di primo piano nelle immagini grottesche del corpo (Bachtin, 2001: 346). Il naso più famoso nella letteratura mondiale che partecipa alle drammatiche mutazioni che lo spirito subisce, è quello di Pinocchio. Molte cose assurde e strane succedono anche nel corpo di Pinocchio. Una di queste è il modo in cui nasce, il modo cioè con cui il suo corpo proviene da un altro corpo, in quanto Pinocchio nasce da un pezzo di catasta intagliato e fabbricato dal vecchio Geppetto. In Pinocchio è la sua natura di legno a dare inizio al suo dramma corporeo, commedia e tragedia insieme. Ricerca la sua normalità, ma ricerca anche i godimenti materiali. Provoca, prende in giro, si scontra e inciampa, mette a dura prova l’imprevedibile e infiammabile materia di legno con cui è fatto dando spazio perciò all’inserimento di motivi comici carnevaleschi nelle sue avventure. In ogni caso, la più evidente dimostrazione della sua natura carnevalesca, è il naso, capace, in primo luogo, di sconvolgere i piani del suo creatore: “Geppetto, dopo gli occhi gli fece il naso; ma il naso, appena fatto, cominciò a crescere: e cresci, cresci, cresci diventò in pochi minuti un nasone che non finiva mai. Il povero Geppetto si affaticava a ritagliarlo; ma più lo ritagliava e lo scorciava e più quel naso impertinente diventava lungo” (cap. iii). Il naso di Pinocchio agisce autonomamente al di là della volontà del suo creatore e, alcune volte, senza il controllo del suo possessore. Aumenta e diminuisce secondo le situazioni, evidenziando e testimoniando così i sentimenti di Pinocchio2 , rivelando le sue bugie3 : “A questa terza gia, il naso gli si allungò in un modo così straordinario, che il povero Pinocchio non poteva più girarsi da nessuna parte . Se si voltava di qui, batteva il naso nel letto o nei vetri della finestra, se si voltava di là, lo batteva nelle pareti o nella porta di camera, se alzava un po più il capo, correva il rischio di ficcarlo in un occhio alla Fata (cap. xvii). Le connotazioni comiche e le funzioni del naso di Pinocchio si susseguono aventi lo scopo principale di trasmettere conoscenza pratica ed etica ai giovani lettori. Parallelamente, sempre attraverso le peculiarità del naso di Pinocchio, si evidenziano considerazioni caustiche ed ironiche sulla società e sulla realtà degli adulti, come quando viene preso di mira e ridicolizzato il modo dell’epoca di applicare la medicina attraverso gli pseudo medici, incapaci di formulare una diagnosi corretta. Lo pseudo medico Corvo procede nelle sue saccenti valutazioni mediche, esaminando i sintomi del noto naso pinocchiesco: “Il Corvo [...] tastò il polso a Pinocchio, poi gli tastò il naso, poi il dito mignolo dei piedi” (cap.xvi). Il naso infine diventa protagonista e costituisce un elemento vitale (Moschita, 1990: 90) che si collega a momenti cruciali della vita di Pinocchio. Evidentemente l’opera geniale di Carlo Collodi deve la sua costante attualità e la sua diffusione mondiale anche alle caratteristiche funzioni comiche e agli innumerevoli simboli legati al naso imprevedibile, reattivo e sensibile alle sollecitazioni, che lo scrittore ha regalato a Pinocchio.

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